di Giulia Losciale
Opera di Walter Salles, premiato come miglior film internazionale agli scorsi Oscar 2025 e
tratto dal libro di memorie del 2015 “Sono ancora qui “ di Marcelo Rubens Paiva, nel quale
racconta della scomparsa di suo padre.Rubens Paiva vive a Rio de Janeiro con sua moglie
Eunice e i suoi cinque figli, l'instaurazione della dittatura militare lo esclude dalla scena
politica e lo sottrae alla sua famiglia dove non farà più ritorno; Eunice è così investita dalla
responsabilità di disegnare un futuro per sè stessa e per i propri figli, tentando di
sormontare l'immenso dolore della perdita, senza arrendersi mai all’idea dell’accettazione e
tenendo sempre viva la sua battaglia.
La storia ci accoglie nelle dinamiche familiari della famiglia Paiva e ci immerge nell’intimità di
una quotidianità semplice, in un’atmosfera calda e accogliente, nutrita dai valori più preziosi,
ci troviamo davanti un quadro di vita al suo stato più puro.Si tratta di una storia di resilienza,
di amore che sopravvive, che viene messo alla prova, straziato, ma che cambia solamente
forma senza spegnersi mai, tenendosi per mano alla speranza.
Un’intera famiglia lacerata si stringe per sopperire alla mancanza, per rendere quel vuoto un
pò meno immenso, promettendosi che non sarà solo dolore; Eunice lo accoglie lasciandosi
travolgere inevitabilmente, ma cerca di dargli una forma abitabile, un senso di esistere, si
aggrappa ai frammenti di speranza che conserva nel proprio cuore e ne fa una ragione di
vita.
La sofferenza qui si fa materiale, viva, si respira in ogni piccolo dettaglio, tratteggia ogni
movimento di Eunice, che si muove lenta, consumata, ma ogni gesto è intervallato da
spiragli di vita che arriva travolgente e inaspettata, all’improvviso, e la spinge a proseguire in
quella sua incessante ricerca di un senso.
Questa famiglia è invisibile agli occhi della gente che la strazia, la consuma
inconsapevolmente con la sua indifferenza; Coloro che la circondano osservano distaccati
una storia che sentono distante, che incute timore, senza rendersi conto che quella
sofferenza è vicina a ognuno di loro.Osserviamo una vita sospesa nel dolore, che procede
staticamente, restando cristallizzata nella perdita, che esiste in funzione di poter ricevere
una risposta, di poter comprendere come possa una tale repressione essere legittimata,
come si possa divenire vittime del proprio diritto d’essere, del proprio diritto di usare la
propria voce senza che questa venga censurata, punita e annullata.Eunice si colma di
speranza dinanzi al dolore, lo osserva, lo sente costante dentro di sè e da questo genera
coraggio; Si nutre delle memorie di un amore abbastanza grande da darle un rifugio, un
conforto a cui si aggrappa, il ricordo le dona forza attraverso la bellezza ricevuta in quella
vita, una vita incisa tra i tratti di un viso stanco, coperto da un velo di resilienza e dignità, che
grida silenziosamente, nonostante tutto, “Io sono ancora qui”.