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Es Nova, la nuova voce del cinema dei Lumière

2025-12-03 20:15

Daniele De Marco

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Es Nova, la nuova voce del cinema dei Lumière

Uno scheletro balla scanzonato e con impavida ostinazione sfida lo spettatore a non ridere o a non sorprendersi.

Uno scheletro balla scanzonato e con impavida ostinazione sfida lo spettatore a non ridere o a non sorprendersi. Perde pezzi di sé, e questo non lo turba. Si scompone e ricompone; smonta testa, gambe e braccia, ma continua a ballare come niente fosse. È Le squelette joyeux dei fratelli Lumière e oltre la pelle, gli occhi e il cuore gli manca una cosa: la musica. Ci pensano gli Es Nova, centoventott’anni dopo, a dargli il ritmo giusto con il loro progetto “Lumière Zone” e ce lo raccontano in una piacevolissima chiacchierata che viaggia tra cinema e musica. Gli Es Nova si definiscono un “trio con costellazioni di altri artisti”, un collettivo artistico-musicale che dialoga con altre forme d’arte con l’idea di creare un universo unico e magmatico. Nicola Rosti, Alice Drudi ed Erica Agostini collaborano a seconda del progetto con pittori, scultori e performer e ognuno di loro aggiunge l’ingrediente necessario a rendere l’esperienza completa e peculiare.

Il loro progetto è un’opera strutturalmente delicata, dove musica intuitiva e sperimentale si sposa perfettamente con immagini di più di un secolo fa. Nei corti degli inventori del cinematografo qualsiasi interpretazione è bocciata dal silenzio, essendo, come sostenevano i fratelli stessi, semplici immagini rappresentative della realtà, ma il silenzio è come una tela bianca e la musica è un’arte se possibile ancora più completa del cinema poiché evocativa. Come ci racconta Nicola, chitarrista e producer degli Es Nova, l'idea è quella di condividere la dimensione estemporanea del fare musica, rendendola fruibile in contesti non necessariamente legati alla sala da concerto. Così facendo la si rende accessibile in modo trasversale anche al di fuori della fruizione tradizionale legata ai repertori. Lumière Zone è infatti una performance live registrata in un’unica sessione, dove artisti, tecnici e spettatori concorrono per lo stesso obiettivo. Non risparmiano nessuno, anche l’ultimo arrivato è chiamato a collaborare per il raggiungimento di uno scopo comune, in una sorta di energia artistica rinnovabile. E se il cinema è effettivamente un rito collettivo, la collaborazione con arti visive e tecniche lo è fortissimamente, poiché tutti sono attivi e partecipi nella stessa misura. È quindi comprensibile che il collettivo abbia trovato nel cinema delle origini la sua comfort zone. I film muti hanno la capacità di darti input, ma anche carta bianca. Si aprono all’interpretazione globale in ogni loro punto e quindi l’immagine di semplici pesci che nuotano in una boccia può riempirci d’ansia e malinconia, di gioia e poesia. Per gli Es Nova i corti dei Lumière sono un mezzo per raccontare le loro storie, il loro immaginario. Alice, tastierista del collettivo, ce lo spiega bene: non ci sono partiture o composizioni programmate, solo i loro strumenti e le loro sensazioni. Tutto avviene nel qui ed ora. Le immagini vengono trasformate in suoni, in idee colorate da un’effettistica gestita in tempo reale. Non pensate però che tutto si riduca a una jam session. C’è un foglio bianco, ma anche agganci concettuali e visivi e linee narrative che diventano sempre qualcosa di nuovo ed estemporaneo. La loro è una musica magmatica, indefinibile. Da Stockhausen agli U2, passando per John Cage e i Kraftwerk, i riferimenti sono tanti e diventano strumenti nelle mani del collettivo: la loro conoscenza musicale è ampissima e questa si traduce in generi inafferrabili. Elettroacustica, ambient o prog  che sia, gli Es Nova portano avanti la loro idea di arte e musica mettendo dentro tutto il loro vissuto. Perché l’arte non è altro che la somma di esperienze umane e personali. Questo ce lo fanno capire fin da subito: Le squelette joyeux ci introduce al progetto ed è così che il collettivo si presenta. Infatti gli Es Nova, proprio come lo scheletro danzante, si trasformano e si riassemblano, entrano ed escono dai loro riferimenti. La scelta dei film seguenti è particolare e ben pensata, ci spiega Nicola. Dopo un’attenta e reiterata visione di tutti i corti di Auguste e Louis Lumière, il gruppo decide di selezionare pellicole meno conosciute, allontanando il pregiudizio tematico di opere da tempo comunemente entrate nella cultura popolare e creare così da zero l’immaginario interpretativo. Scordatevi quindi arrivi di treni e innaffiatori innaffiati. I corti si legano l’uno con l’altro in un percorso che si costruisce gradualmente. Filo rosso di questa evoluzione è la voce potente e intima di Erica Agostini, che accompagna il pubblico in una dimensione fortemente sognante. Nella sequenza dei ragazzi che si tuffano in mare lo spettatore rimane come incantato, cullato dalla dolcezza del pianoforte elettrico di Alice e dalle scale modali con cui Erica esplora tempi e luoghi nascosti. L’elemento dissonante accompagna lo spettatore in questo viaggio nostalgico in un modo per niente didascalico, non facendolo mai rilassare completamente e mantenendo alta l’attenzione. Questa dimensione lascia spazio poi a ritmi più serrati, utili all’immedesimazione nello sviluppo urbano e industriale di inizio 900. Immagini di città in movimento e lavoro sono valorizzate da un sintetizzatore microKORG dinamico, meccanico, simbolico di una società frenetica, produttiva. Anche gli sfoghi melodici, fino a quel momento emblematici di una vita lenta e respirata, si tacciono per fare spazio a chiusura e operaia ripetitività. È quindi intelligente l’uso della strumentazione e delle sonorità che ne derivano, prediligendo strumenti perlopiù analogici, anche per un discorso tattile della musica, ci tiene a sottolineare Alice. Nel frattempo Erica, con la sua voce, non canta testi, ma segue fonemi e si concentra sulla parte sonora del linguaggio, trovando numerose soluzioni scalari che danno tridimensionalità melodica alle scene. Gli strumenti si sovrappongono, come spesso fanno anche le immagini dei Lumière, creando una sorta di doppia esposizione filmico-sonora. Musica e immagini dialogano costantemente in questo progetto creando tra queste dimensioni numerosi incontri concettuali. Per esempio, proprio come i corti che ci propongono, nella musica degli Es Nova non c’è post-produzione. Non è pigrizia, ma una scelta ragionata per evitare di inquinare quello che è nato per restare lì e in quel momento. Non esiste editing nel lavoro del collettivo, tutto rimane nel presente in una sorta di realismo musicale. Come ultima riflessione, il costante intreccio di suoni, idee e sensazioni lascia spazio a un momento inaspettato. In punta di piedi, L’uscita dalle officine Lumière fa la sua silenziosa apparizione e ci ricorda da dove veniamo. La nascita del cinema appare e scompare a intervalli sempre più brevi, valorizzata dall’unico silenzio che gli Es Nova ci concedono, ed è interessante notare come adesso tutto acquisisca una dimensione sacra. Il silenzio, finora presente per impossibilità tecniche e quindi normale e insignificante, ora esalta la grandezza di un solo istante, lo spettatore è stupito e l’attenzione è più alta che mai: in quel vuoto si percepisce, contemporaneamente, presenza, tensione e spaesamento. In un’epoca in cui il nostro orecchio è costantemente appesantito e stressato, gli Es Nova con il loro progetto Lumière Zone ci regalano un silenzio, esplicativo e essenziale.

 

https://www.youtube.com/watch?v=kBCc1wUH3_Q&list=RDkBCc1wUH3_Q&start_radio=1

 

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