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Macchina Continua ci riporta al cuore operaio di un'Italia sacrificata al capitale

2025-12-01 17:33

Eleonora Verardi

Articoli,

Macchina Continua ci riporta al cuore operaio di un'Italia sacrificata al capitale

A Fabriano c’è un rumore che attraversa i secoli. È il respiro di una macchina che non produce solo carta, ma memoria, tempo e identità. Si tratta del

A Fabriano c’è un rumore che attraversa i secoli. È il respiro di una macchina che non produce solo carta, ma memoria, tempo e identità. Si tratta della Macchina F3, cuore pulsante della cartiera di Fabriano e ultima discendente di una stirpe cominciata nel Duecento nello stesso luogo. Dopo secoli quel battito si è arrestato, e il silenzio che resta non è soltanto quello di un impianto spento, ma diventa allegoria di un’Italia che ha svenduto il proprio corpo ai fondi finanziari globali - padroni invisibili, pur sempre padroni. Allora il profitto si sostituisce alla produzione, il denaro genera se stesso, e il lavoratore viene espulso dal processo che aveva costruito con le proprie mani. 

Il regista Ruben Gagliardini, autore insieme ad Antonio Casagrande del documentario Macchina Continua, restituisce voce a quel silenzio, riconsegnando alla fabbrica un’anima collettiva e ricordando i volti e le mani che hanno plasmato quella Storia e che adesso difendono instancabilmente l’idea di lavoro come diritto e non come concessione del mercato. Perché il capitale non ha memoria, ma noi sì. 

Nato nella città marchigiana nel 2000, Ruben è parte di quella generazione che eredita macerie ma non smette di interrogarle. Dopo Persone, il film sulla legge Basaglia, e Fuochi, sui roghi che devastano la Sardegna, torna a casa per filmare un incendio diverso, stavolta economico, silenzioso, invisibile. In un’Italia in cui ogni marchio storico diventa proprietà di un fondo estero, il regista rimette al centro ciò che il neoliberismo ha cancellato: la persona, la comunità, il territorio, intervistando e seguendo gli operai nei tre mesi precedenti la chiusura del reparto. 

Fabriano non è soltanto un nome su una risma di carta: è un laboratorio di storia che esige tutele, voce e riconoscimento.

La Macchina Continua, inaccessibile visivamente, viene allora ricreata attraverso l’animazione: una chimera robotica, un essere vivo e insieme immaginario, le cui spire si muovono lente. L’impossibilità di filmare la reale Macchina F3 diventa occasione per trasformare il limite in linguaggio e l’assenza in invenzione. Così la macchina smette di essere oggetto e diventa soggetto: simbolo di una classe operaia che, pur spenta nella materia, continua a vivere nella coscienza collettiva di ognuno di noi. Il film Macchina Continua, prodotto da Local Bizzarro, non è soltanto il racconto della chiusura di una fabbrica: è una parabola sull’agonia e sulla resistenza del lavoro nel nostro tempo.

In un Paese che confonde l’efficienza con la resa, la competitività con la sottomissione, il documentario ci ricorda che il lavoro non è una voce di bilancio ma una forma di esistenza. Dietro ogni macchina c’è una biografia collettiva, dietro ogni licenziamento un trauma che non si misura in numeri ma in vite. Nel tempo della dissoluzione, della finanziarizzazione, della disumanizzazione del lavoro, la memoria è l’ultimo atto rivoluzionario, ché difendere una fabbrica, una città, un ingranaggio industriale, significa difendere l’idea stessa di comunità, di umanità condivisa, di continuità storica. Mentre le logiche del capitale spengono le luci, Macchina Continua accende una fiamma e riesce, meravigliosamente, nel tentativo di restituirci la storia di un Paese intero che ha smarrito la propria voce e l’ha ritrovata, per un istante, nel coro di chi non si arrende. 

Dopo un intenso tour tra Marche e Lombardia, in cui il film ha incontrato comunità, lavoratori e studenti, Macchina Continua prosegue il suo viaggio. A dicembre e gennaio il percorso si allargherà ancora, con nuove date in Emilia, Marche, Veneto e Basilicata, a testimonianza di un’Italia che vuole ascoltare e riascoltarsi attraverso questa storia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

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